Filosofo, scienziato e teologo inglese. Studente di Teologia a Parigi, dove ebbe
come maestro san Bonaventura, dopo la laurea esercitò l'insegnamento
negli stessi anni in cui era attivo san Tommaso (1269-72), di cui fu acceso
oppositore. Fu successivamente nominato provinciale dei francescani
d'Inghilterra (1275), quindi venne chiamato a Roma da Niccolò III come
lector sacri palatii (1277) e in seguito divenne arcivescovo di
Canterbury (1279). Fu in questa veste che diede inizio alla sua ampia azione,
tesa ad affermare l'autorità ecclesiastica rispetto al potere civile.
Erede degli insegnamenti di san Bonaventura, nel suo pensiero e nella sua opera
riassunse gli elementi più significativi della scuola francescana.
Durante gli anni parigini visse un periodo di intenso impegno filosofico,
occupato in dispute con san Tommaso su argomenti sostanziali, quali
l'eternità del mondo e la pluralità delle forme. Il suo pensiero
si delineò come quello di un deciso oppositore dell'Aristotelismo
tomista: contro la tesi dell'aquinate, la quale affermava che il mondo esisteva
da sempre, sostenne la distinzione tra creazione divina da una parte e
temporalità dall'altra; contro, inoltre, la teoria dell'unicità
della forma sostenuta da san Tommaso, in base a cui l'anima umana, come forma
unica ed individuante, sarebbe stata legata indissolubilmente al singolo corpo
(e di conseguenza destinata a perire con esso),
P. asserì che
l'anima fosse composta, poiché la semplicità può essere
attribuita soltanto a Dio. Nella sua visione, l'anima era costituita da tre
forme o
substantiae, corrispondenti alle sue tre perfezioni: vita
vegetativa, vita sensitiva, vita intellettiva. Oltre a quelli già
nominati, riferimento filosofico fondamentale per
P. fu il pensiero di
Avicenna. Significative, nell'ambito della discussione con i domenicani, le sue
Epistole (1282-85), in cui difendeva l'ordine e l'ortodossia dei
francescani contro le innovazioni proposte dai domenicani Alberto Magno e san
Tommaso. Sul piano filosofico
P. sostenne il primato della volontà
sull'intelletto, la molteplicità della potenza dell'anima umana, la
validità dell'argomento ontologico. Per riuscire a conciliare la teoria
agostiniana dell'illuminazione con la visione di Avicenna dell'intelletto agente
separato, elaborò la teoria secondo la quale l'intelletto agente
separato, unico ed eterno, è Dio, ma all'interno di ogni anima esiste un
intelletto agente a cui è affidato il compito di tradurre in atto le
potenzialità del suo intelletto possibile. Tra le sue opere: commento
alle
Sentenze, varie
Quaestiones,
Summa de esse et
essentia,
De animalibus, il fondamentale
Tractatus de anima,
l'opera scientifica
Perspectiva communis (e forse anche un
Tractatus
de perspectiva et iride), documento del profondo interesse rivolto agli
studi di ottica (Patcham, Sussex 1240 circa - Mortlake 1292).